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      Infilate un lungo corridoio sotterraneo stretto da toccarne le pareti coi gomiti, basso da urtar quasi la testa nella vòlta, e umido come una grotta sottomarina; arrivate in fondo, svoltate, siete in un altro corridoio. Andate oltre, incontrate delle porte, guardate: altri corridoi si allungano a perdita d'occhio. In fondo a qualcuno vedete un barlume di luce, in fondo ad altri una porta aperta che lascia intravedere una fuga di stanze. Di tratto in tratto sentite il rumor d'un passo, v'arrestate, non lo sentite più; poi lo risentite; non sapete se è sopra il vostro capo, o a destra, o a sinistra, o dietro, o davanti. V'affacciate a una porta, e retrocedete impaurito: in fondo allo sterminato corridoio in cui avete lanciato lo sguardo, avete visto un uomo immobile, come uno spettro, che vi guardava. Tirate innanzi, riescite in un cortile angusto, cinto di mura altissime, erboso, sonoro, illuminato di una luce scialba, che par che scenda da un sole ignoto, simile ai cortili delle streghe che ci descrivevano da ragazzi. Uscite dal cortile, salite su per una scala, riuscite sopra una galleria, guardate giù: è un altro cortile silenzioso e deserto. Infilate un altro corridoio, scendete un'altra scala, vi trovate in un terzo cortile; poi daccapo corridoi e scale e fughe di sale vuote e cortili angusti, e per tutto granito, erba, luce scialba, silenzio di tomba. Per un po' di tempo vi pare che riuscirete a tornare sui vostri passi; poi la memoria[229] vi si turba, e non ricordate più nulla; vi pare d'aver fatto dieci miglia, di essere in quel laberinto da un mese, di non poterne più uscire.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422