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      -È impossibile, sono uno straniero, non sono mai stato a Toledo;[284] ma non importa, non vada via, stia qui, parliamo un poco, son solo!
      In buon punto mi ricordai che a Madrid m'era stata data una lettera di raccomandazione per un signore di Toledo; corsi all'albergo, la presi e mi feci condurre subito in casa sua. Il signore c'era e mi ricevette cortesemente. All'udire pronunziar il mio nome provai una gioia che gli avrei gettato le braccia al collo. Era il signor Antonio Gamero, autore d'una stimatissima Storia di Toledo. Passammo la serata insieme; gli domandai cento cose, me ne disse mille; e mi lesse alcune splendide pagine del suo libro che mi fecero conoscere Toledo meglio che non l'avrei conosciuta nel soggiorno d'un mese.
      La città è povera, e più che povera, morta; i ricchi l'hanno abbandonata per andar a stare a Madrid; gli uomini d'ingegno han seguìto i ricchi; non v'è commercio; la fabbricazione delle lame, unica industria che vi fiorisca, provvede alla vita di qualche centinaio di famiglie, ma non basta alla città; l'istruzione popolare è trasandata; il popolo è inerte e miserabile. Ma non ha perduto il bel carattere antico. Come tutti i popoli delle gran città decadute, è fiero e cavalleresco; abborre dalle basse azioni; fa giustizia di propria mano, quando può, degli assassini e dei ladri; e benchè il poeta Zorilla, in una sua ballata, l'abbia chiamato senza metafora un popolo imbecille, non è tale; è sveglio e ardito. Partecipa della serietà[285] degli Spagnuoli del settentrione e della vivacità degli Spagnuoli del mezzodì; tiene il luogo di mezzo tra il Castigliano e l'Andaluso; parla lo spagnuolo con garbo, con più varietà d'accenti che il popolo di Madrid, con meno rilassatezza che il popolo di Cordova e di Siviglia; ama la poesia e la musica; è altero di annoverare tra i suoi maggiori il soave Garcilaso della Vega, riformatore della poesia spagnuola, e l'arguto Francisco de Rojas, l'autore del Garcia del Castañar; ed è orgoglioso di veder accorrere fra le sue mura artisti e dotti di tutti i paesi del mondo, a studiarvi la storia di tre genti, e i monumenti di tre civiltà. Ma qual che sia il popolo, Toledo è morta; la città di Wamba, di Alfonso il Bravo e di Padilla, non è più che una tomba.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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