In qualche colonna sono confitti ferri ricurvi ai quali si dice che gli Arabi legassero i Cristiani; e se n'accenna uno, tra gli altri, cui la tradizione popolare narra esser stato legato un cristiano per lo spazio di molti anni; nel qual tempo, a furia di raschiare coll'unghie, riuscì a incavare nella pietra una croce che i ciceroni fanno vedere con profonda venerazione.
Giungemmo alla Maksura, che è l'opera più completa e più meravigliosa dell'arte degli Arabi nel decimo secolo. Sul dinnanzi, sono tre cappelle contigue, colla volta ad archi dentellati, e le pareti coperte di stupendi musaici, che rappresentan gruppi di fiori e sentenze del Corano. In fondo alla cappella di mezzo, è il mihrab principale, il luogo sacro dove stava lo spirito di Dio. È una nicchia di base ottagonale, chiusa di sopra da una colossale conchiglia di marmo. Nel mihrab era deposto il Corano, scritto dalla mano del califfo Othman, coperto d'oro, guernito di perle, inchiodato sovra una seggiola di legno d'aloe; e intorno ad esso venivano a fare sette giri ginocchioni le migliaia dei fedeli. Avvicinandomi al muro mi sentii mancar sotto il pavimento: il marmo è incavato!
Uscendo dalla nicchia, mi arrestai lungo tempo[305] a contemplare la vòlta e le pareti della cappella principale, la sola parte della moschea che si conservò quasi intatta. È un luccichìo abbarbagliante di cristalli di mille colori, un intreccio di arabeschi che confonde la mente, una complicazione di bassorilievi, di dorature, di ornamenti, di minuzie di disegno e di colorito, d'una delicatezza, d'una grazia, d'una perfezione da far disperare il più paziente pittore.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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