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      Lo stesso Carlo V, che diede al Capitolo il permesso di costruirla, quando vide la prima volta il tempio maomettano, se ne pentì. Accanto alla chiesa è una specie di cappella araba, mirabilmente conservata, ricca di musaici non meno variati e splendidi che quelli della Maksura; nella quale è fama si radunassero i ministri della religione per discutere il libro del profeta.
      Tale è la moschea d'oggigiorno. Ma quale doveva essere al tempo degli Arabi! Non era chiusa intorno intorno da un muro; ma aperta, in modo che da ogni sua parte si vedeva il giardino, e dal giardino si vedeva fino in fondo alle lunghissime navate, e l'aria spandeva fin sotto le volte della Maksura la fragranza degli aranci e dei fiori. Le colonne, che ora son meno di mille, erano millequattrocento; il soffitto era di legno di cedro e di larice,[307] scolpito e smaltato con finissimo lavoro; le pareti eran rivestite di marmo; la luce di ottocento lampade riempite d'olio odoroso, faceva scintillare come perle i cristalli dei musaici, e produceva sul pavimento, sugli archi, sui muri, un gioco meraviglioso di colori e di riflessi. Un mare di splendori,-cantò un poeta,-riempiva il misterioso recinto, e il tepido ambiente era pregno d'aromi e d'armonie, e il pensiero dei fedeli vagava e si smarriva nel labirinto delle colonne luccicanti come lancie percosse dal sole.
      Federico Schack, autore d'una bell'opera intitolata: Poesia e arte degli Arabi in Spagna e in Sicilia, fece una descrizione della moschea in un giorno di festa solenne, che dà una immagine vivissima del culto maomettano e completa il quadro del monumento.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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