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      Era troppo tardi per portare le lettere di raccomandazione, troppo presto per andare a dormire: ero schiavo di quella folla e di quell'allegrezza, e dovetti subirla per molte ore. Provai un sollievo sforzandomi di non guardar in viso le donne; ma non ci riuscivo sempre, e quando i miei occhi incontravano per caso due pupille nere, la trafittura era pił acerba, appunto perchč improvvisa, che se avessi sfidato il pericolo col cuore pronto. Ero pure in mezzo a quelle Sivigliane tremendamente famose! Le vedevo passare, strette al braccio dei loro mariti e dei loro amanti, toccavo le loro vesti, inspiravo il loro profumo, sentivo il suono delle loro molli parole, e il sangue mi saliva al capo come un'onda di fuoco. Fortunatamente mi ricordai d'aver inteso dire a Madrid da un Sivigliano che il Console d'Italia soleva passar la serata nella bottega d'un suo figliuolo negoziante; cercai questa bottega, la rinvenni, vi trovai il Console, e consegnandogli una lettera d'un amico suo:-Caro Signore!-gli dissi con un tuono drammatico che lo fece ridere;-mi soccorra lei; Siviglia mi fa paura![332]A mezzanotte la cittą non aveva mutato aspetto; v'era ancora tutta quella folla e tutta quella luce; tornai all'albergo e mi chiusi nella camera coll'intenzione di andar a letto. Peggio che peggio. Le finestre della camera davano sur una piazza dove formicolava un visibilio di gente intorno a una banda musicale che non finiva mai di suonare; cessata la musica, cominciaron le chitarre, le grida degli acquaioli, i canti, le risa; tutta la notte fu un baccano da svegliare le talpe.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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