A Madrid si parla male di loro; si dice che son vani, falsi, mutevoli, pettegoli. È gelosia! Invidiano la loro indole felice, la simpatia che ispirano agli stranieri, le loro ragazze, i loro poeti, i loro pittori, i loro oratori, la loro Giralda, il loro Alcazar, il loro Guadalquivir, la loro vita, la loro storia! Così dicono i sivigliani battendosi una mano sul petto e cacciando in aria un nuvolo di fumo dal loro inseparabile cigarrito; e le loro belle donnine si vendicano delle madrilene e di tutte le donne del mondo, parlando con maligna pietà dei lunghi piedi, delle larghe vite e degli occhi morti che in Andalusia non riceverebbero l'onore d'uno sguardo e l'omaggio d'un sospiro. Bello ed amabile popolo in verità, al quale, ahimè! bisogna pur vedere il rovescio della medaglia, soverchia la superstizione e mancan[367] le scuole, come a quasi tutta la Spagna meridionale, in parte non per sua colpa, ma in parte sì; e questa, forse, non è la parte minore.
Il giorno fissato per la partenza mi arrivò addosso inaspettato. È strano: io non ricordo quasi nulla dei particolari della mia vita a Siviglia; è un gran che se so dire a me stesso dove desinai, di che cosa parlai col Console, come passai le serate, perchè stabilii di partire quel dato giorno; ero assente da me stesso; vivevo, se posso così esprimermi, fuori di me; fui per tutto il tempo che rimasi in quella città, un po' intontito. Fuor che nel Museo e nel patio, il mio amico Segovia deve aver trovato che sapevo di poco; e ora, non so perchè, penso a quei giorni come a un sogno.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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