L'indole del popolo, in fondo, è buona; ma la traviano la superstizione e la passione. E sopratutto la superstizione è forse più radicata a Malaga che in ogni altra città dell'Andalusia, a cagione della ignoranza maggiore. Tutto sommato, Malaga è la città meno andalusa ch'io m'abbia veduto, e v'è imbastardita persino la lingua, perchè[393] vi si parla peggio che a Cadice, dove già vi si parla male.
Ero ancora a Malaga, ma la mia immaginazione s'aggirava già per le vie di Granata e nei giardini dell'Alhambra e del Generalife. Poche ore dopo il mezzogiorno, partii, e per dir la verità, fu quella la sola città di Spagna che lasciai senza mandare un sospiro. Quando il treno partì, invece di voltarmi a salutarla come avevo fatto a tutte le altre sue sorelle, mormorai i versi cantati da Giovanni Prati a Granata quando il duca d'Aosta partì per la Spagna:
Non più Granata è solaSulle sue mute pietre:
L'inno in Alhambra volaSulle moresche cetre;"
ed ora, riscrivendoli, penso che la musica della banda della Guardia Nazionale di Torino ispira la letizia e la pace meglio delle cetre moresche, e che il lastrico dei portici di Po, contuttochè muto esso pure, è meglio connesso e più liscio che le pietre di Granata.[394]
XII.
GRANATA.
Il viaggio da Malaga a Granata fu il più avventuroso e sfortunato ch'io abbia fatto in Spagna.
Perchè i lettori compassionevoli mi possano compiangere quanto vorrei, bisogna che sappiano (mi vergogno d'intrattener la gente con queste piccinerie) che a Malaga avevo fatto solamente una leggerissima colazione all'andalusa, della quale, al momento di partire, mi restava appena una confusa reminiscenza.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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