Ma ero partito colla sicurezza di poter scendere a qualche stazione della strada ferrata, dove fosse una di quelle sale, o pubblici strozzatoi, nelle quali si entra galoppando, si mangia ansando e si paga scappando, per tornare nel carrozzone impinzati, soffocati e derubati, a maledire l'orario, i viaggi e il ministro dei lavori pubblici che tradisce il paese. Partii, e per le prime ore fu una delizia. La campagna era tutta colline gentili e campi verdissimi, sparsi di villette coronate di palme e di cipressi; e nel carrozzone, in mezzo a due vecchiotti che tenevan[395] gli occhi chiusi, v'era un'andalusina che guardava intorno con un sorrisetto briccone che pareva voler dire:-Via, lanciatemi degli sguardi languidi.-Ma il treno andava colla lentezza d'una diligenza sconquassata, e non si soffermava che pochi momenti alle stazioni. Al declinare del sole, lo stomaco cominciò a suonare a soccorso, e a render più fieri gli stimoli della fame dovetti fare un lungo tratto di strada a piedi. Il treno si fermò dinanzi a un ponte malfermo, tutti i viaggiatori scesero e sfilarono a due a due per andar ad aspettar le carrozze sull'altra sponda del fiume. Eravamo in mezzo alle roccie della Sierra Nevada, in un luogo deserto e selvaggio, che ci faceva parere d'esser gente condotta in ostaggio da una banda di briganti. Rimontati che fummo nei carrozzoni, il treno riprese a andare colla fiaccona di prima, e il mio stomaco ricominciò a languire più miseramente che mai. Arrivammo, dopo lungo tempo, a una stazione tutta ingombra di treni, dove una gran parte dei viaggiatori si precipitarono a terra, prima che io mettessi il piede sul montatoio.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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Sierra Nevada
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