L'antica moschea, è stata convertita in cappella da Carlo V; una grande sala araba, in oratorio; qua e là si vedono ancora resti di arabeschi e di soffitti di cedro scolpiti; le gallerie, i cortili, i vestiboli, sembran di un palazzo devastato dalle fiamme.
Visto anche questa parte dell'Alhambra, credetti davvero che non mi rimanesse nulla a vedere, e commisi daccapo l'imprudenza di dirlo al Gongora. Questa volta non si potè più contenere; e condottomi nell'atrio del cortile dei mirti dinanzi a una pianta dell'edifizio affissa al muro, mi disse:
Guardi, e vedrà che tutte le sale e i cortili e le torri che abbiamo visti finora, non occupano nemmeno la ventesima parte dello spazio che abbracciano le mura dell'Alhambra; vedrà che non abbiamo ancora visitato i resti di altre tre moschee,[432] le rovine della casa del Cadì, la torre dell'Acqua, la torre delle Infante, la torre della Prigioniera, la torre del Candil, la torre dei Picos, la torre dei Pugnali, la torre dei Siete melos, la torre del Capitano, la torre della Strega, la torre delle Teste, la torre delle Armi, la torre degli Idalghi, la torre delle Galline, la torre del Cubo, la torre dell'Omaggio, la torre della Vela, la torre della Polvere, gli avanzi della casa di Mondejar, i quartieri militari, la porta di ferro, i muri interni, le cisterne, i passeggi; perchè ha da sapere che l'Alhambra non è un palazzo, ma una città; e che ci sarebbe da passar la vita a cercar arabeschi, a leggere iscrizioni, a scoprir ogni giorno un nuovo colpo d'occhio di colline e di montagne, e a andare in estasi una volta regolarmente per ognuna delle ventiquattr'ore della giornata.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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