La quale è questa. La casa apparteneva a Don Fernando di Zafra, segretario dei Re Cattolici, che aveva una bellissima figliuola. Un giovine idalgo, di famiglia nemica o inferiore di nobiltà alla famiglia dei Zafra,[442] s'innamorò della figliuola, ne fu amato, la chiese in sposa, non l'ebbe. Il rifiuto del padre aggiunse esca al fuoco amoroso dei due giovani, le finestre della casa son basse, l'innamorato, una notte, riuscì a dar la scalata, e a entrar nella stanza della fanciulla. O abbia rovesciato una seggiola entrando, o abbia tossito, o abbia gettato un leggero grido di gioia al veder la sua bella amante colle chiome sciolte e le braccia aperte, la tradizione non lo dice, e nessuno lo sa; ma è certo che Don Fernando di Zafra, inteso rumore, accorse, vide, e cieco di furore si slanciò sul malcapitato giovane per metterlo a morte. Ma il giovane riuscì a fuggire; Don Fernando, inseguendolo, s'abbattè in uno dei propri paggi fautore di quegli amori, che aveva aiutato l'idalgo a entrar nella casa; lo scambiò, in su quel subito, per il seduttore; e senza udir spiegazioni e preghiere, lo fece afferrare e impiccare al terrazzino della casa. La tradizione narra che mentre la povera vittima gridava:-Pietà! Pietà!-l'offeso padre gli rispose accennandogli il terrazzino:-Là starai esperando la del cielo! (aspettando quella del cielo);-risposta ch'egli fece poi incidere sur una pietra del muro, a perpetuo spavento dei seduttori e dei mezzani.
Consacrai il resto della giornata alle chiese e ai conventi.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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