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      Presso il Convento di San Domingo, resti di giardini e di palazzi che erano una volta congiunti all'Alhambra per mezzo d'una via sotterranea. Dentro la città, l'Alcaiceria, mercato arabo quasi intatto, formato[454] di parecchie stradine diritte e strette come corridoi, fiancheggiate da due file di botteghe l'una unita all'altra, che presentano uno strano aspetto di bazar asiatico. Infine, non si può far un passo per Granata, che non s'incontri un arco, un arabesco, una colonna, un mucchio di pietre che rammenta il suo fantastico passato di Sultana.
      Quanti giri e rigiri non feci per quelle strade tortuose, nelle ore più calde della giornata, sotto un sole che mi scottava il cervello, senza incontrare anima nata! Anche a Granata, come nelle altre città d'Andalusia, la gente non si fa viva che la notte; e la notte si rifà della prigionia del dì, affollandosi e rimescolandosi sui passeggi pubblici colla fretta e la furia d'una moltitudine, una metà della quale cercasse l'altra metà per affari urgenti. La folla più fitta è all'Alameda; e però passai all'Alameda le mie serate, col Gongora che mi parlava di monumenti arabi, con un giornalista che mi parlava di politica, con un altro giovanotto che mi parlava di donne, non di rado tutti e tre insieme, con mio piacere infinito, perchè quella gazzarra da scolaretti, a tempo e luogo, mi rinfresca l'anima, come fa all'erba (per rubare una bella similitudine) quella pioggerella estiva che cade con affrettato moto come di trepida gioia.
      Se avessi da dire qualcosa del popolo di Granata, mi troverei impacciato perchè non l'ho visto.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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