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      E in quella casa abitava quella povera gente!
      Uscimmo, entrammo in altre case, in tutte trovai qualche frammento d'architettura e di scultura araba. Il Gongora mi diceva di tratto in tratto:-Qui c'era un Harem-Là i bagni delle donne-Lassù la stanzina d'una favorita;-e io figgevo gli occhi avidi su tutti i pezzi di muro rabescato e su tutte le colonnine delle finestre, come per domandar loro la rivelazione di qualche segreto, un nome, una parola magica colla quale potessi ricostrurre in un istante l'edifizio rovinato ed evocare le belle arabe che ci eran vissute. Ma ahimè! in mezzo alle colonne e sotto gli archi delle finestrine non si vedevano che cenci e visi rugosi!
      Fra le altre case, entrammo in una dove trovammo un gruppo di ragazze che cucivano all'ombra d'un albero del cortile, sorvegliate da una[460] vecchia. Lavoravano tutte intorno a una gran pezza di panno a striscie nere e bigie, che mi parve un tappeto o una coperta da letto. Mi avvicinai e domandai a una delle cucitrici: "Que es esto?"
      Alzaron tutte la testa e con un movimento concorde spiegarono il panno in modo che potessi veder bene il loro lavoro. L'avevo appena visto, che gridai:-"Lo compro."
      Si misero tutte a ridere. Era un mantello da montanaro andaluso, fatto per portarsi a cavallo, della forma d'un rettangolo, con un'apertura nel mezzo per farci passar la testa, ricamato in lana di vivi colori lungo i due lati più corti, e intorno all'apertura. Il disegno dei ricami che rappresentano uccelli e fiori fantastici, verdi, azzurri, bianchi, rossi e gialli, tutti in un mucchio, è rozzo, come lo potrebbe fare un bambino; la bellezza del lavoro è tutta nella veramente meravigliosa armonia dei colori.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





Gongora Harem-Là