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      E continuammo ad andare di strada in strada, in mezzo a case di più in più meschine, a visi di più in più neri, a cenci di più in più luridi. E non s'arrivava mai alla fine, e io dicevo ai miei compagni:[462] "Mi fanno la finezza di dirmi se Granata ha dei confini, e dove li ha? Si può sapere dove andiamo, e come si farà per tornare a casa?" e i miei compagni ridevano e tiravano innanzi.
      O che c'è da vedere ancora qualcosa di più strano?
      dimandai a un certo punto.
      Di più strano?
      mi rispose un dei due: "Ma questa seconda parte del borgo che lei ha veduta appartiene ancora alla civiltà; è il quartiere se non parigino almeno madrileno dell'Albaicin; e c'è ben altro; andiamo oltre."
      Si percorse una lunghissima strada sparsa di donne appena vestite che ci guardavano come gente piovuta dalla luna; si attraversò una piazzetta piena di bambini e maiali amichevolmente confusi; si passò per altre due o tre stradicciuole, ora salendo, ora scendendo, ora in mezzo alle case, ora in mezzo alle macerie, ora tra gli alberi, ora tra le roccie, e si arrivò finalmente in un luogo solitario, sul fianco d'una collina, di dove si vedeva, in faccia il Generalife; a destra l'Alhambra; sotto, una valle profonda coperta d'un foltissimo bosco.
      Cominciava a imbrunire, non si vedeva nessuno, non si sentiva una voce.
      Qui finisce il borgo?
      domandai.
      I due compagni risero e mi dissero: "Guardi da quella parte."
      Mi voltai e vidi lungo una strada che si perdeva nel bosco lontano, una sterminata fila di case.... di case? di tane scavate nella terra, con un po' di[463] muro dinanzi, con buchi per finestre e screpolature per porte, e piante selvatiche d'ogni specie di sopra e dai lati; veri covi di belve, nei quali, al chiarore di lumicini appena visibili, formicolavano i gitani a centinaia; un popolo brulicante nelle viscere del monte, più povero, più nero, più selvaggio di quello visto fino allora; un'altra città, sconosciuta alla maggior parte dei Granatini, inaccessibile agli agenti della polizia, chiusa agli impiegati del censimento, ignara d'ogni legge e d'ogni governo, vivente non si sa come, numerosa non si sa quanto, straniera alla città, alla Spagna, alla civiltà moderna, con linguaggio e statuti ed usi proprii, superstiziosa, falsa, ladra, accattona, feroce.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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