Ripassammo per tutte le strade percorse prima, ora deserte ed oscure, e mi pareva che non finissero mai; e sali e scendi e svolta e gira e rigira; finalmente s'arrivò nella piazza dell'Audiencia, in mezzo alla città di Granata, nel mondo civile. Alla vista dei caffè e delle botteghe illuminate, provai un senso di piacere, come se fossi tornato alla vita cittadina dopo un anno di soggiorno in una landa disabitata.
La sera del dì dopo partii per Valenza. Mi ricordo che pochi momenti prima di partire, dovendo pagare il conto dell'albergo, osservai al padrone che nella nota c'era segnata una candela di più, e gli domandai ridendo: "Me la toglie?" Il padrone afferrò la penna, e togliendo venti centesimi dal totale della somma, rispose con voce che voleva parer commossa:
Diavolo! fra Italiani!....
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XIII.
VALENZA.
Il viaggio da Granata a Valenza, fatto tutto de un tiron, come si dice in Spagna, o d'un fiato, è uno di quegli spassi che un uomo ragionevole si piglia una volta sola nella vita. Da Granata a Menjibar, villaggio posto sulla riva sinistra del Guadalquivir tra Iaen e Andujar, è una nottataccia di diligenza; da Menjibar all'Alcazar di San Juan è una mezza giornata di strada ferrata, in un carrozzone senza tendine, in mezzo a pianure nude come la palma della mano, con quel po' po' di sole; e dall'Alcazar di San Juan a Valenza, tenuto conto di tutta una serata che si passa nella stazione dell'Alcazar aspettando il treno, è un'altra notte e un'altra mattinata, per arrivar poi alla sospirata città sul punto di mezzogiorno quando la natura, come direbbe Emilio Praga, raccapriccia all'orrida idea che ci siano ancor quattro mesi di estate.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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