Anch'io, sentendo suonar la banda dinanzi alla casa del nuovo governatore, sotto un bel cielo stellato, in mezzo al popolo allegro, ebbi un barlume di speranza che il trono di Don Amedeo potesse finalmente allargar le radici, e mi rammaricai d'essere stato troppo facile a pronosticar male. E quella commedia che rappresentava lo Zorilla nella sua villa quando non voleva a nessun costo accettare la presidenza del Ministero, e rimandava indietro amici e deputazioni, e finalmente, spossato dal continuo dir di no, cadeva in deliquio dicendo di sì, mi dava, allora, un alto concetto della fermezza del suo carattere, e mi induceva a bene augurare del nuovo Governo. E dicevo tra me ch'era un peccato partir dalla Spagna allora che l'orizzonte si faceva azzurro e il palazzo reale di Madrid si tingeva di color di rosa. E già ventilavo il disegno di tornare a Madrid per goderci la soddisfazione di poter mandare in Italia delle notizie consolanti, le quali m'avrebbero[478] fatto perdonare l'imprudenza che avevo avuto fino allora di non dire delle bugie. E ripetevo i versi del Prati:
Oh qual destin t'aspettaAquila giovinetta!"
e salvo un po' di gonfiezza negli appellativi, mi pareva che racchiudessero una profezia, e immaginavo di vedere il poeta in piazza Colonna, a Roma, e di corrergli incontro per dargli il mi rallegro e serrargli la mano....
La più bella cosa a vedersi in Valenza è il mercato. I contadini valenzani sono di tutta la Spagna i più artisticamente e bizzarramente vestiti. Per fare una bella figura in mezzo alle maschere dei nostri veglioni, non avrebbero che da entrare in teatro tal quale si trovano i giorni di festa e di mercato per le strade di Valenza e per le vie della campagna.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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