- Nemici della proprietā - siamo anche chiamati, e questa definizione, cosė nuda e assoluta, č piena d'astuzia, perchč include, senza esprimerla, una vaga accusa di meditato latrocinio universale. Ma esprime falsamente il nostro concetto perchč sostituisce l'idea di "soppressione" a quella di "trasformazione" d'un istituto che si modificō variamente nel corso dei tempi, e che č per natura sua soggetto a trasformarsi secondo le condizioni e i bisogni della societā che l'ha fondato. Č una definizione falsa perchč nega tacitamente il carattere di proprietā alla forma collettiva, che fu la prima forma di proprietā del consorzio sociale, e di cui sussistono e si riproducono mille esempi parziali anche nei tempi presenti. Č una definizione falsa perchč estende il nostro concetto della proprietā collettiva dai grandi mezzi di produzione a tutti gli altri oggetti di proprietā, che sono naturalmente esclusi dal collettivismo; il quale non impedisce nč il risparmio, nč l'accumulamento, nč la trasmissione del risparmio, nč il possesso, nč la trasmissione di tutto quanto non serva a produrre ricchezza. Č ancora una definizione ingiusta perchč esclude l'idea della presa di possesso mediante un equo risarcimento; ammesso il quale, essa non riesce una violenza pių che tale non sia l'attuale espropriazione legale per fini d'utilitā pubblica; e perchč tace che l'appropriazione collettiva, come nel campo della proprietā industriale, per esempio, cosė in altri campi, non si opererebbe che in quei rami di produzione in cui la concentrazione dei capitali ha giā distrutto la piccola proprietā fondata sul lavoro; e anche perchč č in contraddizione formale con la ragione prima del collettivismo, fondato appunto sul concetto "conservatore" che la proprietā č indispensabile al pieno e compiuto svolgimento della personalitā umana; svolgimento che č possibile soltanto in una societā in cui posseggano tutti una parte del bene comune, e che non č possibile se non a pochissimi nella societā attuale, dove nove decimi della popolazione nulla possiedono, nč sperano, nč quasi possono sperare di mai possedere.
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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano 1911
pagine 248 |
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