Caduto il ribelle, riusciva a tutti più evidente e imperiosa la necessità di raggiunger lo scopo comune, una scintilla della fiamma soffocata penetrava anche nell'animo dei più freddi, la diplomazia si riscoteva come per una sferzata, sulle traccie dell'audacia fallita faceva un passo innanzi perfin la prudenza, e la paura si vergognava. Egli viveva ancora, che già ci appariva sotto un tutt'altro aspetto anche quello che fu giudicato il suo più grande errore. Nel 1870, su tutte le vie per cui l'esercito italiano moveva a Roma, precedeva le colonne, avanguardia ideale, Garibaldi, e segnavano loro il cammino le gocce di sangue stillanti otto anni innanzi dalle sue carni.
Ma anche quelli che giudicano più severamente le sue temerità e le sue ribellioni sono forzati a riconoscere l'alta chiaroveggenza politica di cui egli diè prova, il sapiente impero che seppe esercitare sulle proprie passioni nei momenti supremi. È questo uno dei caratteri singolari della sua grandezza: di essere ammirabile per le virtù opposte. Quando è necessaria l'unione di tutte le forze della patria contro lo straniero, egli, nemico della causa dei re, offre il suo braccio e quello dei suoi soldati d'America a un re, che "s'è fatto il rigeneratore della penisola" e per quel re "è pronto a versare tutto il suo sangue". Dieci anni dopo, per la stessa necessità della patria, è tra i primi a fondare quel nuovo "partito nazionale" che stringe intorno alla monarchia i più alti ingegni e le spade più prodi, devote fino a quel giorno all'idea repubblicana.
| |
Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano 1911
pagine 248 |
|
|
Roma Garibaldi America
|