- "Io dovevo andarmene prima dell'arrivo della truppa, e non lo feci. - Avrei dovuto anche frazionare di più la
gente - e non lo feci. - Tutte le misure che potevano allontanare la catastrofe io avevo in mente di eseguire, ma ciò doveva essere eseguito con la celerità che mi aveva servito in altre occasioni.... e non lo feci". - Quanta tristezza, che sincero e profondo rammarico nella ripetizione di quelle tre semplici parole! Rammarico tanto più generoso in quanto egli avrebbe invece potuto dire: - Se m'avessero intimato la resa prima d'assalire, io mi sarei arreso, avanti che partisse un colpo di fucile. - Se non ci fossero corsi addosso appena ci videro, non si sarebbe sparso sangue. - A farci deporre le armi bastava che ci lasciassero il tempo di riaverci dalla sorpresa.... e non lo fecero.
L'impero ch'egli esercitò sulle proprie passioni nei momenti supremi - si disse. Ma noi crediamo che questa espressione non dica il vero. A ciascuno di quegli atti che furon detti di ribelle e pericolosi alla patria egli fu mosso dalla profonda coscienza di far cosa utile alla patria, che è quanto dire, di compiere un dovere che a lui solo era imposto; e non desistette, non si ritrasse mai se non quando fu persuaso d'essere in errore. Quando la somma idea del vero, del giusto, dell'utile gli balenava, cessava in lui ogni conflitto della volontà con la passione, poichè una passione che la sua coscienza giudicasse contraria all'interesse della patria nell'anima sua non capiva. Non domò sè stesso in quei momenti supremi; ma comprese, si ravvide e cedette senza sforzo agl'impulsi mutati e concordi della sua ragione e del suo cuore.
| |
Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano 1911
pagine 248 |
|
|
|