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      ... Certo, ciò supponendo, può parer più ammirabile lo slancio con cui, cacciato avanti il cavallo, egli tese la mano e gridò: - Salute al re d'Italia! - e si comprende come s'induca più d'un oratore a trarre da una tal supposizione un forte effetto drammatico in onore di lui. Ma noi crediamo che non uno di quei pensieri, non un'ombra di quei sentimenti sia passata nel suo cuore in quel punto. La sua volontà era già ferma, il suo animo era già quieto fin da quando un'illuminazione improvvisa della mente gli aveva fatto dire a Napoli: - "Non voglio assemblea, si faccia l'Italia". - No, il suono di quelle trombe non turbò neppure un istante la serenità dell'anima sua, lo spettro della guerra civile non s'affacciò neppure alla sua mente; non ebbe bisogno di riflettere, non gli occorse di vincer sè stesso; egli fu grande senza lotta. Un solo pensiero egli ebbe in quel momento, e lo espresse: il desiderio d'affratellare sui campi di battaglia i volontari e i soldati, di proseguir la guerra alla testa dei liberatori di Napoli, al fianco dei liberatori delle Marche, avanguardia di Vittorio Emanuele, antesignano degli eserciti uniti. Presentendo imminente una battaglia al Garignano, chiese al re l'onore del primo scontro. Non l'ebbe. "Egli si batteva da troppo lungo tempo, le sue truppe erano stanche, si doveva mettere alla riserva". Questo solo gli turbò la serenità dell'anima. Ma fu grande anche allora. Più grande d'ogni più sdegnoso sfogo di dolore fu la tristezza rassegnata di quelle semplici parole: - "Ci hanno messi alla coda" - con le quali egli annunciò la sera ai suoi fidi il suo splendido sogno svanito.


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





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