ndir delle imprese.
Ma dopo tutto ciò, una cosa ancora rimarrebbe a spiegarsi, la quale sarà oggetto di curiosità grande ai nostri nipoti: da che nascesse veramente la virtù fascinatrice della sua persona prima ch'egli possedesse quella che gli venne dalla fortuna e dalla gloria delle sue gesta maggiori. E anche questa spiegazione, come quella di molte qualità singolari della sua indole, dovremmo andarla a cercare di là dall'Oceano. Poichè là la cercai e la trovai in parte, concedetemi qui di evocare un ricordo personale. Un giorno, in una delle più grandi e belle città del Rio della Plata, fui condotto, senza preannunzio, alla sede d'un'associazione popolare; dove, in due piccole sale bianche s'accalcavano molti uomini silenziosi. V'era a una parete un ritratto di Garibaldi, e alcune sue parole di saluto, inquadrate; sulla parete opposta una vecchia bandiera nera spiegata, con l'effigie del Vesuvio fiammeggiante. Quell'adunanza era tutta composta di vecchi, i più tra i sessantacinque e i settant'anni, parecchi ottuagenari; erano antichi coloni, operai, artefici, commercianti; pochi mulatti e creoli; tutti gli altri italiani; liguri e piemontesi la più parte: facce brune, solcate di rughe profonde, grandi barbe canute, rozze mani e rozzi panni, fronti severe, corpi ancora gagliardi. L'aspetto di tutti quei vecchi immobili, anche prima di saper chi fossero, mi destò un vivo sentimento di simpatia e di reverenza. Immaginate quale fa l'animo mio quando mi si disse: - Questi sono gli avanzi dell'antica legione di Montevideo e questa è la loro bandiera: sono i superstiti di quella memorabile battaglia di Sant'Antonio, di cui fu salutato l'annunzio in Italia con un grido d'entusiasmo, come quello d'una prima vittoria della nostra causa: sono quei legionari garibaldini che, moribondi di fame e di sete, circondati d'agonizzanti e di morti, trincerati dietro a mucchi di cavalli uccisi, combatterono da mezzogiorno a mezzanotte contro un nemico quattro volte più forte e uscirono vittoriosi da una delle più disperate strette che la storia delle guerre ricordi.
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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano 1911
pagine 248 |
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