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      Ma ammirabile non men dell'artista è il ribelle che, minacciato dal capestro austriaco e dalla mannaia romana, tradotto in catene a Messina, scampato per miracolo in Francia, ritorna a sfidare il carnefice nella Romagna insorta, donde non porta in salvo la testa che per avventurarla un'altra volta tra i primi nell'insurrezione di Savoia. Ma ammirabile non men del ribelle è il cooperatore proscritto della "Giovine Italia" che, scacciato da Marsiglia a Berna, da Berna a Bruxelles, da Bruxelles a Londra, esercitando i commerci più umili, rifiutando i sussidi, stentando il pane, porta alta fra ogni gente la dignità della sua bandiera e della sua sventura. E più grande dell'attore trionfante, nel pieno splendore della sua fama, fra gli applausi frenetici di Milano redenta, è l'attore del 1848, al quale i primi annunzi del ridestarsi d'Italia confondono il cuore e troncano la parola alla ribalta; è il direttore di Compagnia che scrive al compagno d'arte e d'affari: - "Guerra e rivoluzione sciolgono ogni contratto" - e calpestando danaro e corone accorre per la quarta volta, soldato della patria, dove fuma la polvere e il sangue.
     
      Cittadino e artista, ebbe due grandi intenti: innalzar l'arte ad apostolato di risorgimento nazionale, facendo del palco tribuna all'amor patrio, altare all'eroismo, gogna alla tirannide, e rigenerar l'arte stessa riconducendola al vero, senza deviarla da quell'ideale del bello e del grande, che fu il sole dell'anima sua.
      Ma convien ricordare quali fossero l'arte e il teatro quando, reduce dall'esilio, egli s'accinse all'opera, per comprendere qual cumulo di difficoltà gl'ingombrasse la via, quanto vigor di coraggio e di costanza gli occorresse a superarle, e come fosse da tanto egli solo che, già chiaro per ardimenti, dolori e invitta fede italiana, raccoglieva in sè il rispetto e la simpatia delle varie classi cittadine, nel sentimento della patria concordi, nel sentimento dell'arte divise.


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





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