Altero e indomabile, egli lotta con le censure dispotiche, coi municipii gretti, con gli appaltatori ingordi, con le compagnie privilegiate, con cittadinanze indifferenti o, per ragion di parte, malevole, che gli avvelenano la gioia dei trionfi, e, pure lottando e peregrinando senza tregua, lavora e crea senza posa. Crea personaggi, educa alunni, divina ingegni, incoraggia autori, propone e discute soggetti di dramma, ricorre tutte le letterature drammatiche, commenta e traduce, scrive di politica e d'arte, vagheggia fino agli ultimi giorni, per il risorgimento del teatro, il suo sogno d'una Compagnia libera, e soltanto sul letto di morte, e dopo aver provveduto alla sorte della moglie adorata che gli singhiozza sul cuore, trova finalmente riposo. Quanto fu tempestosa la sua vita, tanto la sua morte è serena; affranto da tante fatiche, egli s'addormenta senz'affanno, e sul suo viso tragico, ultimo riflesso della coscienza intemerata, resta un sorriso.
Quale fu l'arte sua? Audacia sarebbe il tentar di descriverla con ricordi vaghi dell'adolescenza. Ma chi lo potrebbe far degnamente?
Dicendo, come altri disse, che classico e realista ad un tempo, e novatore senza infrangere ogni tradizione della scuola antica, studiava i grandi personaggi nella storia, nella letteratura, nell'anima propria, e li coloriva giovandosi con sagacia acutissima della sua varia e profonda esperienza della vita, e dava loro con efficacia insuperabile il grido delle sue gagliarde passioni, si dice l'armonia e la profondità delle sue facoltà artistiche, non l'originalità stupenda della sua recitazione.
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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano 1911
pagine 248 |
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Compagnia
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