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      Afferma - che il nome della sua patria gli s'è fatto odioso e che vuol rifugiarsi e farsi seppellire in un angolo della Svizzera dove non ne giunga più il suono; - ma, invitato a recarsi in America, dove potrebbe assicurar l'agiatezza della sua vecchiaia, dalla patria non ha il coraggio di staccarsi e, indispettito contro sè medesimo, rifiuta, e resta nel suo eremo, dove si leva innanzi giorno per attinger l'acqua e accendere il fuoco. Grida in un impeto di rabbia: - Meglio la casa d'Absburgo che ci trattava a ragione come negri; - ma quando in nome dell'arciduca Massimiliano gli sono offerti salvacondotto, onori e guadagni perchè vada a recitare in Milano austriaca - No - risponde - piuttosto la fame.
     
      Tale era in fondo questo povero grande cuore ferito che, a parole, malediceva la patria e rinnegava l'umanità; tale era quest'anima in stato di procella perpetua, quest'artista glorioso e sdegnoso che, se il teatro gli fosse stato precluso, sarebbe riuscito uno scrittore illustre, che, se a più alte prove lo avessero posto gli eventi, sarebbe stato un eroe, che se avesse sortito la ricchezza l'avrebbe usata come quei benefattori insigni che la storia ricorda e il popolo benedice.
      Bello è che sorga un monumento in suo onore nella Capitale del Piemonte, che fu ultimo rifugio alla sua vita errante e campo dei suoi ultimi trionfi. Non meno di quello che sorgerà nella sua Venezia nativa sarà rispettato e amato questo dal popolo, che per trent'anni lo attese. E la gioventù verrà con reverenza a contemplare questa fronte che non piegò mai, questi occhi in cui rifulse il genio, questa bocca che non macchiò nè adulazione nè menzogna, questo petto nel quale fremettero tutti i dolori e tutte le ire della patria oppressa, e che con pari coraggio sfidò la tirannia, sopportò la povertà, lottò per l'ideale e affrontò la morte.


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





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