Evochiamo una sola, la più bella forse delle sue creazioni, quella in cui più mirabilmente s'accordano l'altezza del concetto, la grandezza del disegno e l'andamento grave e solenne del ritmo che par che segni il passo di Leonida armato nel silenzio della notte. Alla mente di tutti, senza dubbio, è presente la figura augusta dell'eroe che, al raggio delle stelle, risorto dalla tomba d'Antelo, con la grande asta nel pugno, discende, circonvolato dall'aquile, per andar a cercare se sia sorta nel mondo una nuova gloria pari a quella delle Termopili, e riposar là, in mezzo ai fratelli degni, dei suoi trecento. Si sofferma, ma non si arresta a Clierniea. No, - dice ai Tebani morti che lo chiamano:
No, no, dormite in pace! Vano fu il sangue, eroi!
Periste e non salvaste l'ellenia libertà!
Giunge a Maratona; ma non s'arresta. - No, - grida ai caduti che lo invocano - qui non rimango. -
Tutto, voi, tutto aveste! la gloria e la vittoriaPei lari! È troppo dolce, morti, dormir così!
Giunge alle isole Arginuse, sulle onde sparse di triremi infrante e di salme insanguinate; ma non cede all'invito di Callicràtida: "No" - dice - "foste prodi, cinque contro venti; ma foste Elleni contro Elleni - e fu una squallida lotta".
Giunge al campo di battaglia d'Isso; ma procede, dicendo ai soldati di Alessandro, vincitori dei Persiani:
... Salvete, o morti! Leonida non dormeDove a un tiranno i lauri il greco acciar donò.
E non s'arresta a Gerusalemme dove l'invocano i crociati spenti, perchè, dice, "io non pugnai per espiar peccati nè mossi in cerca d'avventure e di ricchezza". E non s'arresta alle Piramidi, alla voce dei soldati di Buonaparte, perchè, grida:
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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano 1911
pagine 248 |
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