E si scorda quasi, stando in quel punto, la bella Torino vasta, gaia, crescente, che le si allarga intorno da ogni parte, e par di fare un salto
miracoloso, al rientrare improvvisamente in via Dora Grossa, che spande un torrente d'aria e di vita nuova a traverso a quel mondo invecchiato.
Come canzoni monotone e tristi che finiscano in una risata argentina, tutte quelle vecchie strade che corrono da levante a ponente, vanno a riuscire in istrade spaziose e chiare, sboccano in piazze e in giardini, conducono ad una nuova Torino giovanile, attraversata da larghi viali, piena di verde, ribelle all'antica disciplina architettonica, dove al grande isolato succede la casa geniale, al grosso pilastro la colonna snella, al terrazzino a ringhiera il terrazzo a balaustri, al giallo tedioso mille colori ridenti e leggieri, a una Torino simmetrica sempre, ma senza monotonia, che spalanca verso le Alpi la gran bocca di piazza dello Statuto, come per aspirare a grandi ondate l'aria sana e vivificante della montagna. Tutta questa parte di Torino riceve un riflesso particolare di bellezza dalla grande catena alpina che corona l'orizzonte delle sue smisurate piramidi bianche. Pare che le Alpi mettano nelle sue piazze e nelle sue strade tranquille il sentimento del silenzio immenso delle loro solitudini. Da ogni parte spuntano le loro cime; tutto si disegna sulla loro bianchezza; le ultime case della cittą sembrano fabbricate alle loro falde; in meno d'un'ora pare che si debba arrivare ai piedi delle prime montagne.
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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano 1911
pagine 248 |
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