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      Una schiera di case da villaggio si stende lungo la riva; da una parte il Castello rosso del Valentino specchia nelle acque le sue mura severe e i suoi tetti acuti, e il fiume s'allunga fra due sponde romite, che si curvano in mille piccoli seni folti di salici e d'ontani; dalla parte opposta il paesaggio s'apre in una grande chiarezza, e s'alza in disparte, a grandi curve riposate e superbe, la collina di Superga, coronata della sua Basilica solitaria, accesa dal sole. Lo strepito d'un mulino, il mormorio di una cascatella del fiume e le voci delle lavandaie inginocchiate lungo le sponde, sono i soli rumori che turbino il silenzio di quel vasto giardino pieno di gentilezza e di pace, dinanzi al quale il più prosaico Prudhomme torinese si arresta, ammirando. E il vecchio Po, largo e lento, spande in mezzo a quella gentilezza la poesia guerriera dei suoi ricordi e delle sue glorie.
     
     
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      Ma non ha visto Torino chi non ha visto i suoi sobborghi, ciascuno dei quali ha un carattere suo proprio, non abbastanza osservato, forse, neppure dagli stessi Torinesi. C'è da fare un giro curiosissimo, partendo da San Salvario, e andando su per l'antica piazza d'Armi e per il Borgo San Donato, fino a Borgo Dora. Il Borgo San Salvario è una specie di piccola "city" di Torino, dalle grandi case annerite, velato dai nuvoli di fumo della grande stazione della strada ferrata, che lo riempie tutto del suo respiro affannoso, del frastuono metallico della sua vita rude, affrettata e senza riposo; una piccola città a parte, giovane di trent'anni, operosa, formicolante di operai lordi di polvere di carbone e di impiegati accigliati, che attraversano le strade a passi frettolosi, fra lo scalpitìo dei cavalli colossali e lo strepito dei carri carichi di merci che fan tintinnare i vetri, barcollando fra gli omnibus, i tranvai e le carrette, sul ciottolato sonoro.


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





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