Là bisogna andare per vedere le erbivendole famose, formidabili di tarchiatura, di pugni e di lingua, e per studiare la potenza insolente del vernacolo, la ferocia spietata dell'ingiuria plebea, il lazzo che schiaffeggia, il sarcasmo che leva la pelle, strazia la carne e incide le ossa. Da una parte c'è il mercato delle contadine, venute da tutte le parti del circondario, partite a mezzanotte dai loro villaggi per arrivare in tempo a pigliare un buon posto a destra e a sinistra d'un viale fiancheggiato di platani; e son là schierate, ritte o sedute, colle loro derrate esposte su mucchi di neve sudicia, strette le une alle altre come per tenersi calde, inzoccolate, imbottite, infagottate, fasciate di pezzuole e di scialli, con guanti di cenci e con fazzoletti attorcigliati intorno alla fronte, con cappelli da uomini sul capo, con vecchi mantelli da carrettiere sulle spalle, e lo scaldino fra le mani, coi nasi e i menti pavonazzi; e in mezzo a loro passa la processione accalcata e lenta dei compratori. Qui un pretucolo soffia tra le penne d'un pollo per scoprire le polpe, là una vecchia signora cogli occhiali spera le uova ad una ad una di contro alla luce, più in là un vecchio celibe, accompagnato dalla cuoca con la sporta, scruta un formaggio con la lente; da ogni parte si tasta, si palpa, si soppesa, si fiuta, si disputa, in un tuono di lamento stizzoso, gesticolando coi cavoli in mano, brandendo i cardi, scotendo le galline, gettando nelle orecchie di chi passa frammenti di dialoghi monosillabici, che fanno indovinare dei tira tira d'un'ora per un centesimo, delle economie disperate, delle avarizie rabbiose, delle pazienze da santi, delle miserie segrete di famiglie decorose, tutte le durezze e le angosce della gran lotta per la vita.
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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano 1911
pagine 248 |
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