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      FIRENZE
     
      (Giugno, 1871).
     
      Un Piemontese, che deve andare a Roma tra poco, sentì il bisogno, qualche giorno fa, di mandar un saluto alla città di Firenze, e pensò di mandarglielo dalla cima della collina di Fiesole.
      Una di queste sere, poco prima del tramonto, prese la via di porta a Pinti, solo soletto, come un pellegrino, e tirò innanzi a capo basso, almanaccando. La strada era deserta. Egli, che vi era passato molte volte nei giorni di festa, quando vanno e vengono tante famigliuole di operai e brigatelle di giovani e coppie d'innamorati e villeggianti e carrozze, quella sera, non vedendo anima viva, si sentiva prender dalla malinconia. Andava su a passo lento, si fermava dinanzi ai cancelli chiusi delle ville, dinanzi alle chiesuole, ai tabernacoli, ai muri scarabocchiati col carbone; girava tratto tratto, dai punti più alti, uno sguardo sulla campagna: per tutto era quiete e silenzio. Incontrò qualche povero, inciampò in una vecchia addormentata sullo scalino di una porta, arrivò a San Domenico, e su, per la strada più corta.
      Per tutta la salita non si voltò mai a guardar la città. Non voleva sciuparsi l'effetto del colpo d'occhio più bello da godersi lassù, dinanzi al convento. - Poichè è l'ultima volta che la vedo, - pensava, - la voglio veder bene, tutt'a un tratto, come al cader di un velo. - E faceva tra sè quei ragionamenti fanciulleschi che si fanno in tali occasioni, quasi per darsi un'illusione di sorpresa: - Che cosa si vede lassù? Che città c'è nel piano? Dove sono? Dove vado?


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





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