Passarono tre o quattro mesi.
Un bel giorno osservai che per andare da casa all'ufficio ero passato ogni mattina per la stessa via; mi maravigliai di non aver mai pensato a prenderne un'altra, e me ne domandai la ragione. - Forse, dissi tra me, č l'effetto di quella tal casa che vedo di scorcio sulla cantonata, appena son fuori della porta. Sarā fors'anco la chiesa che c'č di rėmpetto. O son le finestre del palazzo accanto a casa mia, che guardo sempre. O i bassorilievi del palazzo pių piccolo ch'č vicino alla chiesa. O sono tutte queste cose insieme. - Poi, fermandomi in mezzo a una piazza, mi venne fatto di domandarmi che cosa fosse che mi tratteneva, in quel certo punto e in quel certo modo, con l'aria e col sentimento di chi sta in casa sua; perchč mi pigliasse la voglia di appoggiare le spalle al muro e di finire il mio sigaro in pace; come non mi potessi trattenere dal chiamar gli amici che passavano, e attaccar discorso, e far crocchio, e sciupare in chiacchiere una mezz'ora. Cercai di spiegare a me stesso il perchč avessi contratto l'abitudine di rallentare il passo a quella tal svoltata, di guardare intorno su quel tal crocicchio, di andar oltre col viso in aria....
Una mattina m'accorsi con stupore di avere nel capo, distinte ad una ad una, le immagini d'una cinquantina di case di strade diverse, delle quali avrei saputo dire, senza rischio di sbagliare, il colore della facciata, la forma delle finestre, il disegno degli ornati. Guardai meglio quelle case, ripassandoci davanti; e quanto pių le guardavo, tanto pių mi pareva che avessero tutte un'aria propria, che so io? un significato, qualche cosa che mi faceva pensare.
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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano 1911
pagine 248 |
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