- e gli offriva la splendida pace delle sue notti serene, l'Arno colorato di fuoco e il bel colle di San Miniato illuminato dalla luna; e in quello spettacolo gentile e solenne l'anima sua si quetava. E quando, dopo aver lungamente faticato e sudato invano per dar forma e vita a un concetto riposto o a un'immagine bella che gli appariva, in barlume alla mente, egli buttava la penna sconfortato e si slanciava fuori di casa, Firenze, offrendogli allo sguardo i miracoli dell'arte affollati nella sua piazza famosa, gli diceva: - Ecco la bellezza! - ed egli in quella bellezza confortava e appagava l'animo, pensando ch'ella era italiana, e il suo orgoglio umiliato d'artista moriva senza dolore nell'alterezza legittima e santa di cittadino. E quando in certi momenti di sfiducia desolata e di abbattimento mortale egli piangeva la sua provata impotenza e le sue speranze deluse, Firenze gli diceva: - Migliaia di giovani, e quanto migliori di te! io vidi, fra le mie mura, lasciar cadere la mano disperata sopra un foglio bagnato di lagrime o sopra un marmo spezzato; dolori che straziano il cuore, e gettano anzi tempo nella tomba, io conobbi e nascosi; ed erano anime grandi. E tu, miserabile, che pretendi, e chi accusi? - E allora egli si ravvedeva e taceva, e da quella confusione salutare traeva nuova forza e nuovo coraggio per combattere, perseverare e soffrire.
A questo punto, preso da un'ispirazione diversa, il nostro amico si voltò improvvisamente alla campagna ed esclamò in atto drammatico, non senza un leggiero accento di tristezza: - Addio, dunque, bel colle di Settignano! addio Patrolino! addio Sesto! addio vallette verdi, chiesuole solitarie e casucce quete, che ci avete fatto dire tante volte: - Beata la pace!
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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano 1911
pagine 248 |
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