Le signore gettano giù dalle finestre fiori e confetti ai gruppi dei soldati che tendono le mani. Da un capo all'altro della lunghissima strada, a ogni passo, si sentono dieci voci che cantano insieme. I soldati non sono più condotti, sono travolti. I cittadini, non più paghi di tenerli a braccetto, camminano tenendo loro un braccio intorno al collo. Passano donne con un pennacchio di bersagliere nelle treccie. Famiglie ferme sui marciapiedi arrestano i soldati per mettere nelle loro braccia i bambini. Il gridìo nel Corso è oramai giunto a segno che chi è stanco dalle fatiche della mattina non ci può più reggere.
Salgo in una carrozza, e mi lascio condurre al Colosseo. Attraverso la stupenda piazza della Colonna Traiana, piena di gente anch'essa e illuminata; passo per parecchie piccole strade; dappertutto lumi. Guardo nei caffè, nelle osterie: dappertutto soldati e popolani insieme, dappertutto grida di viva Roma e viva il nostro esercito, dappertutto canti, amplessi, grida di gioia, bandiere. Eccoci nel Campo Vaccino. È notte fitta, e il classico lume di luna sul Colosseo non risplende ancora. Non importa; il cielo è stellato, e vedrò del momento sublime almeno i contorni. Da tanti anni ardevo di vederlo! Il cuore mi batte a precipizio. Ormai sono in un luogo deserto, non sento più una voce, non un passo; tutto è queto ed oscuro. Eccoci, mi dice il cocchiere. Io balzo in piedi, guardo, veggo un'immensa macchia nera sul cielo, e tanto è l'impeto e la dolcezza con cui i ricordi e le immagini della memoranda giornata mi assalgono tutti in un punto, che non s'arresta il mio sguardo sui meravigliosi contorni, nè vi si può arrestare il pensiero.
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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano 1911
pagine 248 |
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