...
- Qual'è il vostro cognome?
- Tittoni
- Caio Tittonio, andatemi a chiamare un barbiere.
- Vado subito.
- Un barbiere romano.
- Guardi che caso! Il barbiere dell'albergo è lombardo. - Non lo voglio; andate a cercarmi un barbiere "romano de Roma"; fate anche mezzo miglio, se occorre, vi ricompenserò della corsa; ma portatemi un barbiere romano.
- Sarà servito.
E se n'andò ridendo.
Non era senza perchè la mia pretensione: volevo scrutare lo spirito politico delle classi inferiori, e tutti sanno che quando s'è parlato con un barbiere si può contare d'aver parlato con mezzo mondo.
Il barbiere venne. Era un barbiere dello stampo dei nostri: un vecchietto azzimato, pulito, gaio, con le mani fredde e i rasoi cattivi.
Mentre cominciava l'operazione, io studiavo la maniera d'entrare in discorso.
Egli mi prevenne domandandomi con molta gentilezza:
- Il signore è emigrato?
- No.
- Italiano?
- Sì.
- Giornalista?
Diedi un balzo sulla seggiola e mi voltai a guardarlo negli occhi. Come mai poteva già sapere che insieme con l'esercito s'erano rovesciate su Roma le cavallette della stampa?
- Non sono giornalista.
- Dicevo, sa.... perchè ho visto il tavolino coperto di giornali e di carte.... Che gliene pare di Roma?
- È superba.
Fece un risolino modesto.
-....Noia, c'è male.... E poi, ora, è tutt'altra vita che "ce se vive"!
- Siete contento del cambiamento?
- Se sono contento? "Me pare da diventà matto, me pare". L'Italia una, per Dio.... Ora speriamo che "ce" sarà fatta giustìzia.
- Di che?
- Eh signore, "ce so" molte cose da mettere a posto a Roma.
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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano 1911
pagine 248 |
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