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      - Me lo immagino....
      -....Prima di tutto, sa che cosa dovrebbe fare Sua Maestà il re Vittorio Emanuele Secondo, appena entrato in Roma?
      - Desidero di saperlo.
      - Dovrebbe.... - e qui stese un braccio e alzò la voce, - dovrebbe mettere a posto "li macellari", dovrebbe; che "so na razza de cani", glielo dico io, e fanno pagare tutto il doppio, e "so" screanzati che "nemmanco se ponno guardare in der grugnaccio, se ponno", capisce?
      - Oh cospetto! È proprio questa la prima cosa che deve fare il re?
      - Questa.... e un'altra. Fare una legge con la quale dica che d'ora in avanti è fatta facoltà "a li barbieri de" metter la bottega dove "je" pare, senza quella "prepotenza" che c'è adesso che le botteghe debbono essere a quella data distanza l'una dall'altra. Per cagion di questo, vede, a me m'è toccato di fare "er giovanaccio de bottega" cinqu'anni di più, chè il locale vicino ce l'avevo, e li baiocchi pure, ma la bottega non la potevo mettere per via di quella legge "'nfame". Accidenti ai governi dispotici e viva Vittorio Emanuele! Quant'ho benedetto sto giorno io!... E poi un'altra cosa.
      - Dite.
      Qui abbassò la voce e mi disse nell'orecchio:
      - Dei barbieri che tengono dal Papa, qui, in Roma, ce n'è la su' parte, glielo assicuro io.
      - Ebbene?
      - Accopparli.
      - Siete severo.
      - Sì, accopparli, senza misericordia "co' sta razza de cani"; se no "er" governo italiano se ne accorgerà, stia pur sicuro.
      - Speriamo che faranno la barba con la dovuta prudenza.
      - Non ci speri; bisogna far man bassa.
      - E altro?
      - Altro.


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





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