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      - E mio padre rispose: - È perché lo stimi.
      Il figliuolo del fabbro ferraioSì, ma anche Precossi io stimo, ed è troppo poco il dire che lo stimo. Precossi, il figliuolo del fabbro ferraio, quello piccolo, smorto, che ha gli occhi buoni e tristi, e un'aria di spaventato così timido, che dice a tutti: scusami; sempre malaticcio, e che pure studia tanto. Suo padre rientra in casa ubriaco d'acquavite, e lo batte senza un perché al mondo, gli butta in aria i libri e i quaderni con un rovescione; ed egli viene a scuola coi lividi sul viso, qualche volta col viso tutto gonfio e gli occhi infiammati dal gran piangere. Ma mai, mai che gli si possa far dire che suo padre l'ha battuto. - È tuo padre che t'ha battuto! - gli dicono i compagni. Ed egli grida subito: - Non è vero! Non è vero! - per non far disonore a suo padre. - Questo foglio non l'hai bruciato tu, - gli dice il maestro, mostrandogli il lavoro mezzo bruciato. - Sì, - risponde lui, con la voce tremante; - son io che l'ho lasciato cadere sul fuoco. - Eppure noi lo sappiamo bene che è suo padre briaco che ha rovesciato tavolo e lume con una pedata, mentr'egli faceva il suo lavoro. Egli sta in una soffitta della nostra casa, dall'altra scala, la portinaia racconta tutto a mia madre; mia sorella Silvia lo sentì gridare dal terrazzo un giorno che suo padre gli fece far la scala a capitomboli perché gli aveva chiesto dei soldi da comperare la Grammatica. Suo padre beve, non lavora, e la famiglia patisce la fame. Quante volte il povero Precossi viene a scuola digiuno, e rosicchia di nascosto un panino che gli dà Garrone, o una mela che gli porta la maestrina della penna rossa, che fu sua maestra di prima inferiore!


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Cuore
di Edmondo De Amicis
pagine 303

   





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