- Chi siete? - gli domando io - Sono il carcerato del numero 78, - mi riponde; - m'ha insegnato lei a leggere e a scrivere, sei anni fa: se si rammenta, all'ultima lezione m'ha dato la mano: ora ho scontato la mia pena e son qui... a pregarla che mi faccia la grazia d'accettare un mio ricordo, una cosuccia che ho lavorato in prigione. La vuol accettare per mia memoria, signor maestro? - Io rimasi ĺ, senza parola. Egli credette che non volessi accettare, e mi guarḍ, come per dire: - Sei anni di patimenti non sono dunque bastati a purgarmi le mani! - ma con espressione coś viva di dolore mi guarḍ, che tesi subito la mano e presi l'oggetto. Eccolo qui." Guardammo attentamente il calamaio: pareva stato lavorato con la punta d'un chiodo, con lunghissima pazienza; c'era su scolpita una penna a traverso a un quaderno, e scritto intorno: "Al mio maestro. - Ricordo del numero 78 - Sei anni" - E sotto, in piccoli caratteri: - "Studio e speranza...". Il maestro non disse altro; ce n'andammo. Ma per tutto il tragitto da Moncalieri a Torino, io non potei più levarmi dal capo quel prigionero affacciato al finestrino, quell'addio al maestro, quel povero calamaio lavorato in carcere, che diceva tante cose, e lo sognai la notte, e ci pensavo ancora questa mattina... quanto lontano dall'immaginare la sorpresa che m'aspettava alla scuola! Entrato appena nel mio nuovo banco, accanto a Derossi, e scritto ilproblema d'aritmetica dell'esame mensile, raccontai al mio compagno tutta la storia del prigioniero e del calamaio e come il calamaio era fatto, con la penna a traverso al quaderno, e quell'iscrizione intorno: - Sei anni!
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Cuore
di Edmondo De Amicis
pagine 303 |
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Guardammo Moncalieri Torino Derossi
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