- Venite con me, - disse a un tratto, e tirandoci per le mani, attraversò in due salti lo spazio vuoto e s'andò a piantar là, con le spalle al muro.
Accorse subito un brigadiere di Polizia e gli disse:
- Qui non si può stare.
- Son del quarto battaglione del '49, - rispose Coretti, toccandosi la medaglia.
Il brigadiere lo guardò e disse: - Restate.
- Ma se lo dico io! - esclamò Coretti trionfante; - è una parola magica quel quarto del quarantanove! Non ho diritto di vederlo un po' a mio comodo il mio generale, io che son stato nel quadrato! Se l'ho visto da vicino allora, mi par giusto di vederlo da vicino adesso. E dico generale! È stato mio comandante di battaglione, per una buona mezz'ora, perché in quei momenti lo comandava lui il battaglione, mentre c'era in mezzo, e non il maggiore Ubrich, sagrestia!
Intanto si vedeva nel salone dell'arrivo e fuori un gran rimescolio di signori e d'ufficiali, e davanti alla porta si schieravano le carrozze, coi servitori vestiti di rosso.
Coretti domandò a suo padre se il principe Umberto aveva la sciabola in mano quand'era nel quadrato.
- Avrà ben avuto la sciabola in mano, - rispose, - per parare una lanciata, che poteva toccare a lui come a un altro. Ah! i demoni scatenati! Ci vennero addosso come l'ira di Dio, ci vennero. Giravano tra i gruppi, i quadrati, i cannoni, che parevan mulinati da un uragano, sfondando ogni cosa. Era una confusione di cavalleggeri d'Alessandria, di lancieri di Foggia, di fanteria, di ulani, di bersaglieri, un inferno che non se ne capiva più niente.
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Cuore
di Edmondo De Amicis
pagine 303 |
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