Nelli cominciò a arrampicarsi stentava, poverino, faceva il viso pavonazzo, respirava forte, gli colava il sudore dalla fronte. Il maestro disse: - Vieni giù. - Ma egli no, si sforzava, s'ostinava: io m'aspettavo da un momento all'altro di vederlo ruzzolar giù mezzo morto. Povero Nelli! Pensavo se fossi stato come lui e m'avesse visto mia madre, come n'avrebbe sofferto, povera mia madre, e pensando a questo, gli volevo così bene a Nelli, avrei dato non so che perché riuscisse a salire, per poterlo sospinger io per di sotto, senz'esser veduto. Intanto Garrone, Derossi, Coretti dicevano: - Su, su, Nelli, forza, ancora un tratto, coraggio! - E Nelli fece ancora uno sforzo violento, mettendo un gemito, e si trovò a due palmi dall'asse. - Bravo! - gridarono gli altri. - Coraggio! Ancora una spinta! - Ed ecco Nelli afferrato all'asse. Tutti batteron le mani. - Bravo! - disse il maestro, - ma ora basta; scendi pure. - Ma Nelli volle salir fino in cima come gli altri, e dopo un po' di stento riuscì a mettere i gomiti sull'asse, poi le ginocchia, poi i piedi: infine si levò ritto, e ansando e sorridendo, ci guardò. Noi tornammo a batter le mani, e allora egli guardò nella strada. Io mi voltai da quella parte, e a traverso alle piante che copron la cancellata del giardino, vidi sua madre che passeggiava sul marciapiede, senz'osar di guardare. Nelli discese e tutti gli fecero festa: era eccitato, roseo, gli splendevan gli occhi, non pareva più quello. Poi, all'uscita, quando sua madre gli venne incontro e gli domandò un po' inquieta, abbracciandolo: - Ebbene, povero figliuo
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Cuore
di Edmondo De Amicis
pagine 303 |
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