- E non s'accorgeva intanto che sulle cime degli alberi giganteschi andava morendo la luce argentina della luna nella bianchezza delicata dell'alba.
Alle otto di quella mattina il medico di Tucuman, - un giovane argentino - era già al letto della malata, in compagnia d'un assistente, a tentare per l'ultima volta di persuaderla a lasciarsi operare; e con lui ripetevano le più calde istanze l'ingegnere Mequinez e la sua signora. Ma tutto era inutile. La donna, sentendosi esausta di forze, non aveva più fede nell'operazione; essa era certissima o di morire sull'atto o di non sopravvivere che poche ore, dopo d'aver sofferto invano dei dolori più atroci di quelli che la dovevano uccidere naturalmente. Il medico badava a ridirle: - Ma l'operazione è sicura, ma la vostra salvezza è certa, purché ci mettiate un po' di coraggio! Ed è egualmente certa la vostra morte se vi rifiutate! - Eran parole buttate via. - No, - essa rispondeva, con la voce fioca, - ho ancora coraggio per morire; ma non ne ho più per soffrire inutilmente. Grazie, signor dottore. È destinato così. Mi lasci morir tranquilla. - Il medico, scoraggiato, desistette. Nessuno parlò più. Allora la donna voltò il viso verso la padrona, e le fece con voce di moribonda le sue ultime preghiere. - Cara, buona signora, - disse a gran fatica, singhiozzando, - lei manderà quei pochi denari e le mie povere robe alla mia famiglia... per mezzo del signor Console. Io spero che sian tutti vivi. Il cuore mi predice bene in questi ultimi momenti.
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Cuore
di Edmondo De Amicis
pagine 303 |
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Tucuman Mequinez Console
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