Ma la loro fanfara fu coperta da uno strepito rotto e cupo che annunziò l'artiglieria di campagna; e allora passarono superbamente, seduti sugli alti cassoni, tirati da trecento coppie di cavalli impetuosi i bei soldati dai cordoni gialli e i lunghi cannoni di bronzo e d'acciaio, scintillanti sugli affusti leggieri, che saltavano e risonavano, e ne tremava la terra. E poi venne su lenta, grave, bella nella sua apparenza faticosa e rude, coi suoi grandi soldati, coi suoi muli potenti, l'artiglieria di montagna, che porta lo sgomento e la morte fin dove sale il piede dell'uomo. E infine passò di galoppo, con gli elmi al sole con le lancie erette, con le bandiere al vento, sfavillando d'argento e d'oro, empiendo l'aria di tintinni e di nitriti, il bel reggimento Genova cavalleria, che turbinò su dieci campi di battaglia, da Santa Lucia a Villafranca. - Come è bello! - io esclamai. Ma mio padre mi fece quasi un rimprovero di quella parola, e mi disse: - Non considerare l'esercito come un bello spettacolo. Tutti questi giovani pieni di forza e di speranze possono da un giorno all'altro esser chiamati a difendere il nostro paese, e in poche ore cader sfracellati tutti dalle palle e dalla mitraglia. Ogni volta che senti gridare in una festa: Viva l'esercito, viva l'Italia, raffigurati, di là dai reggimenti che passano, una campagna coperta di cadaveri e allagata di sangue, e allora l'evviva all'esercito t'escirà più dal profondo del cuore, e l'immagine dell'Italia t'apparirà più severa e più grande.
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Cuore
di Edmondo De Amicis
pagine 303 |
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