III.
Questi pensieri ti danno in iscorcio le ragioni dell'indirizzo impresso a miei studii. La chiave della nostra rivoluzione, del nostro avvenire č Roma, cittą in ogni tempo fatale all'Italia ed al mondo. Finchč restringeremo il campo delle nostre battaglie nelle forme puramente politiche, finchč oppugneremo a mo' d'esempio la sola potestą temporale, finchč porremo ogni cosa ne' problemi e nelle questioni di forza, affidando tutto all'onnipotenza del fucile, non otterremo che momentanee vittorie, quando non si cada sconfitti senza combattere. Che diresti d'un nostro capitano, il quale per atterrare gli spaldi di Verona e di Mantova, incendiasse un povero villaggio del Veneto? Chi ha solamente la religione della forza materiale, non ha fiducia in sč stesso e nella santitą del proprio diritto; profanerą questa adorando la forza, e finirą condannato dalla forza. Ora in Italia non avvi altra religione, sconoscendo della vera forza le grandi ed immortali sorgenti, obliando un nemico domestico, che dalle vittorie del nostro cannone non sarebbe scosso, che in nostre sconfitte potrebbe mutar le vittorie, e che ad ogni modo filtrando il suo dissolvitore veleno per tutte le fibre della nazione, le toglie e le toglierą, se proseguiamo sulla gretta e funestissima via, di costituirsi materialmente gagliarda. - Anche la bolla di sapone, se la percuoti, rimbalza, non č disfatta; toccala invece colla punta d'un ago. Vo' dire che al carattere ed alle forze del nemico conviene adattar l'armi; che la Chiesa in nome di Dio ha confiscato l'Italia, incatenandola a' propri altari; e noi non potrem scatenarla, scatenarci, se non rovesciando que' suoi altari, che posano sulla cupidigia d'una casta e sulla ignoranza di popoli.
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