Non è a dire se le prediche dell'Ochino giovassero alla diffusione delle nuove credenze. I teologanti ne mormorarono subito e forte; onde, promotore il Tiene, al vicerè l'accusarono. Il quale, già lontano l'imperatore, che gli avea nel lasciarlo raccomandata la fede, non voleva concedergli di continuare, se prima dal pulpito su certi punti non dichiarasse esplicitamente le proprie opinioni. Ma l'Ochino seppe schermirsi di guisa, che finì la quaresima non solo senza sospetto, ma con più credito e più seguaci di prima.
Infrattanto all'Ochino, al Martire-Vermigli ed al Valdes si erano aggiunti parecchi, che operosamente il secondavano; tra i quali van nominati il siculo Lorenzo Romano, Giulio Milanese, e il francescano Giovanni Mollio, detto Montalcino, dal nome della patria in su quel di Siena, una delle più spiccate figure della riforma italiana.
Il Mollio assai giovane entrò nell'ordine dei Minori; tuttavia non potè la scolastica loro attutirne la mente, imbestiarne l'animo; schivo ben presto delle fossili cerimonie e delle pratiche inutili di divozione, leggendo la Bibbia e alcune opere protestò, afferrò da per sè chiaramente il senso delle nuove dottrine. Intrepido di cuore, fedele a sè stesso tutta la vita, eloquentissimo e dotto, e' surse uno de' più temuti avversari al romano sistema. Eletto professore nell'anno 1533 all'università di Bologna, trovò benigno il terreno alla religiosa sementa. In quelle scuole abondavano li studenti germanici, che fin dai primordi della riforma vi recavano quelle idee, che sì fortemente la patria loro agitavano.
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