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      Il convento cessò d'esistere sotto il governo di Gioachino.
      Coloro, ai quali fu niegato l'asilo di Guardia, come non degni d'intera grazia, furono per la vita mandati sulle galere spagnuole, le loro donne e i fanciulli venduti schiavi47. Non rimasero adunque che i rinegati per paura, i quali si tacquero, non osando nemmen mostrare pietà di dolore verso i loro parenti. Chiunque ardiva intercedere per un condannato o soltanto prigione, era subito sottoposto a tortura, come eretico. Alcuni tra i più avventurati, le donne vestite da uomini, poterono fuggire e toccare la Svizzera, guadagnando poi Angrogna, lor madre patria; ove, sebbene per poco, la persecuzione taceva. Non viaggiavano che di notte, lungo i monti, vivendo di frutta e di radici. In quel momento tutta l'Italia era sotto il terrore dell'inquisizione; per ogni luogo correvano severissimi ordini; l'ingordigia, la paura e lo zelo moltiplicavano le spie; qualunque viandante non possedesse una fede d'ortodossia del proprio curato, vista di luogo in luogo che attraversava dalle autorità, specialmente ecclesiastica, doveva essere sotto gravi pene accusato dall'oste presso l'inquisizione, ed imprigionato dai publici agenti. E non pochi di que' Calabresi così trovarono nuovamente la prigione e la morte.
      Percorrendo le storie moderne, quando si pesino tutte le circostanze, non incontrasi eccidio più ingiusto, più barbaro, più scellerato nelle sue forme. Anche la notte di San Bartolommeo e le stragi ussite in Boemia, cui spiegano in parte molti politici ed economici influssi, vittorie e resistenze terribili, impallidiscono di faccia alle carneficine di Montalto, all'esecuzioni di Cosenza.


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L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





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