L'una fa intervenire direttamente nella apparizione d'ogni forma organica l'azione plastica d'una causa prima, d'una forza creatrice; e nella scomparsa di queste forme l'azione distruttiva delle rivoluzioni telluriche: fa passare la vita e la morte in periodica vicenda sulla faccia della terra, come il gesso e la spugna sulla tavola nera d'un maestro di scuola. Secondo questa teoria i tipi specifici sono inalterabili, fissi, ed al posto di quelli che si sono estinti, altri sono ricomparsi successivamente per nuova immediata creazione.
Come facilmente concepite, o signori, questa teoria si risolve in una serie di postulati per loro natura non discutibili; è di una semplicità che innamora, ma d'una semplicità che inganna. Respinge tutte le questioni, ma è posta in estremo imbarrazzo da una che la sarcastica finezza del volgo move celiando ai naturalisti: se prima sia stato creato l'uovo o la gallina. Insomma non ha tampoco il carattere d'una teoria; è un'ipotesi grossa e spicciativa, che segue i destini della geologia cataclistica e, colla caduta ormai pronunciata di questa, ha perduto ogni fondamento, direi quasi ogni pretesto di essere.
La seconda teoria parte da un principio diametralmente opposto: dalla variabilità indefinita dei tipi specifici. Essa ammette lo svolgimento continuo e moltiforme di una creazione unica non mai interrotta, ammette pure (e come potrebbe altrimenti?) lo stesso ordine cronologico delle varie forme di animali e di piante che hanno successivamente popolata la terra, ma le deriva da un processo di semplice trasmutazione continua e progressiva e stabilisce, per esempio, fra gli animali di un'epoca e quelli di un'epoca susseguente, un nesso genetico, come fra antenati e discendenti.
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