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      L'uomo è una derivazione delle scimie, e queste sono una figliazione del ramo de' lemuri, il quale, alla sua volta, s'impianta sul ramo delle falangiste, che si collega ad altro stipite, e così via via si discende per l'albero genealogico degli animali, fino al tronco, fino ad uno stipite unico per tutti2. Ed allora cos'è questo se non un modo di concepire la creazione organica? Cos'è questo se non un senso che verrebbe dato alla parola creare, che entra così spesso nel nostro discorso ed alla quale non è congiunta alcuna idea determinata? In un pesce, per esempio in un ganoide, sviluppare in apparato polmonale la doppia vescica natatoria, è un creare il tipo rettile; abolire in un rettile il condotto arterioso, rivestire di penne il tegumento, è un creare il tipo uccello3; fare che in una scimia sia reso più elevato il fronte, meno acuto l'angolo facciale, più capace il cranio, più sviluppato il cervello, si allunghino le estremità posteriori, si allunghi ancora in queste il pollice dei piedi, è un creare l'uomo anatomico. Infine cosa fa la scienza? Essa non fa che sostituire alla forma simbolica della polvere della terra, la forma scientifica di un organismo, a costituire il quale ha concorso tutta la creazione precedente. La parentela colle scimie è così tutta assorbita in una parentela più generale; e lungi dall'esserne umiliato, l'uomo si sublima, pensando a quanto si riassume in lui, termine della creazione.
      Concedete ora ch'io mi sbarazzi di un'altra quistione che pare secondaria, ma che pure è importante.


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L'uomo e le scimie
di Filippo De Filippi
1864 pagine 53