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      Non è più solo ora a giudicare se non vi sia del pari che una differenza di grado fra l'istinto e la ragione, o tra la ragione bestiale e la ragione umana. Quando egli avrà creduto di finir la quistione coll'asserire che tanto nell'uomo come negli animali ha sede un medesimo principio virtuale, o che non ve n'ha né in quello né in questi, vedrà avanzarsi, come una poderosa falange nel punto decisivo della battaglia, la coscienza generale, e dovrà cederle il campo.
      Più che le pregiudicate dichiarazioni del naturalista, io amo qui raccogliere le sue tacite confessioni: sono molto eloquenti. Egli vede in un alveare una società mirabilmente ordinata: una regina, una corte, un popolo di industriosi proletari, poi combattenti, e vincitori che rimangono, e vinti che sono cacciati in esilio; sulle aduste spiagge dell'Africa vede grandi cumuli di fango rassodato, e dentro un altro regno, quello delle termiti, pure con regine, e sciami di cortigiani e schiere di soldati ed eserciti immensi di operai; lungo le più solitarie rive dei fiumi del Canadà, vede i villaggi e gli argini de' castori; nelle foreste vergini di Borneo le rozze capanne dell'orang-outang. Qui è nel suo dominio; qui deve guardare, ricercare, studiare, e non avrà mai guardato, ricercato, studiato abbastanza; qui è tutto, fuorché legislatore. Deve ora il naturalista, coll'istessa franchezza di autorità legittima e sola, investigare le forme, le ragioni, i principi direttivi, degli edifizi, dei consorzi, delle industrie, delle guerre, di quest'altro animale che si chiama uomo?


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L'uomo e le scimie
di Filippo De Filippi
1864 pagine 53

   





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