Ricordano gli amici del Manzoni che egli sapeva a memoria tutto il Giorno e che, sul fine della propria vita, quando sentiva affievolirsi la memoria, per assicurarsi di non averla perduta tutta, soleva trascrivere a mente qualche verso del suo Parini(11).
Quando, nel settembre dell'anno 1803, il diciottenne Manzoni mandava al suo maestro Monti un Idillio allegorico intitolato: L'Adda, egli lo accompagnava con una lettera, di cui, perchè si vegga quanta destrezza e causticità d'ingegno era già nel giovine Poeta, riporterò qui le prime parole: "Voi mi avete più volte ripreso di poltrone, e lodato di buon poeta. Per farvi vedere che non sono nè l'uno nè l'altro, vi mando questi versi."(12) Il discepolo domanda al maestro un parere sopra i suoi nuovi versi, per limarli, ed, intanto, invita il Monti alla propria villa. Nell'Idillio, il fiume Adda personificato in una Dea si volge così al Monti:
Te, come piacque al ciel, nato a le grandiDe l'Eridano sponde, a questi ameni
Cheti recessi e a tacit'ombra invito.
L'Adda sa bene di non poter contendere col Po, presso il quale il Monti è nato, e prima di lui Lodovico Ariosto ed il Guarini, ma pur si gloria che presso le sue rive abbia cantato un giorno Giuseppe Parini, l'Orazio lombardo. L'Adda dice:
Quivi sovente il buon cantor vid'ioVenir trattando con la man secura
Il plettro di Venosa e il suo flagello,
O traendo l'inerte fianco a stento,
Invocar la salute e la ritrosaErato bella, che di lui temea
L'irato ciglio e il satiresco ghigno;
Ma alfin seguïalo e su le tempie antiche
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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze 1879
pagine 296 |
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