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      Fêa di sua mano rinverdire il mirto.
      Qui spesso udillo rammentar piangendo,
      Come si fa di cosa amata e tolta,
      Il dolce tempo della prima etade,
      O de' potenti maledir l'orgoglio,
      Come il genio natìo movealo al cantoE l'indomata gioventù dell'alma.
      Or tace il plettro arguto e ne' miei boschi
      È silenzio ed orror. Te dunque invito,
      Canoro spirto, a risvegliar col cantoNovo rumor Cirreo. A te concesse
      Euterpe il cinto, ove gli eletti sensiE le imagini e l'estro e il furor sacro
      E l'estasi soavi e l'auree vociGià di sua man rinchiuse. A te venturo
      Fiorisce il dorso brïanteo; le pomaMostra Vertunno e con la man ti chiama,
      Ed io, più ch'altri di tuo canto vaga,
      Già mi preparo a salutar da lungeL'alto Eridano tuo, che, al nuovo suono,
      Trarrà meravigliando il capo algoso,
      E tra gl'invidi plausi de le Ninfe,
      Bella d'un inno tuo corrergli in seno.
     
      Nonostante la grazia di questo voluttuoso invito, il Monti non può muoversi, e se ne scusa con una lettera, la quale incomincia cerimoniosamente col voi e prosegue affettuosamente col tu. Loda moltissimo i versi, e conchiude: "Dopo tutto, sempre più mi confermo che in breve, seguitando di questo passo, tu sarai grande in questa carriera; e se al bello e vigoroso colorito che già possiedi, mischierai un po' più di virgiliana mollezza, parmi che il tuo stile acquisterà tutti i caratteri originali."
      Nell'amore del Parini fu ancora confermato il Manzoni dall'affetto che lo legò poco dopo alla memoria del più caro discepolo dell'Autore del Giorno, l'Imbonati, dall'ombra del quale, nel noto Carme, ei si fa dire:


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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze
1879 pagine 296

   





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