Ma, dopo ch'egli s'era scostato dagl'imitatori per accostarsi, com'egli canta, "ai prischi sommi," la poca gloria poetica non bastava più alla sua giovanile ambizione, aut Caesar, aut nihil; anche il nostro pensava dunque fra sè, dopo avere conosciuto il Pindaro Lebrun, o Pindaro, o Dante, o Manzoni; e, dopo avere lodato il primo, si velava sotto la figura del secondo; per avere il diritto di ascoltare il glorioso discorso delle Muse. Dante vien celebrato per aver primo dato le bende ed il manto alla poesia italiana, per averla, primo, condotta a fonti illibate, per averla, maestro dell'ira nell'Inferno e del sorriso nel Purgatorio e nel Paradiso, creata degna di emular la madre latina:
.... e nelle stanze sacreTu le insegnasti ad emular la madre,
Tu dolce maestro e del sorriso,
Divo Alighier, le fosti. In lunga notteGiaceva il mondo, e tu splendevi solo,
Tu nostra.
Quanta maestà e virgiliana soavità di affetto In quel nostro! - A questo punto, nondimeno, il Poeta che non ha per anco rinunciato a tutte le reminiscenze della scuola, si ricorda troppo d'avervi studiata la Mitologia greca; onde quello stesso Manzoni che, pochi anni dopo, scriverà l'Ode satirica intitolata: L'ira d'Apollo, nella quale, in pena d'aver posto da banda le vecchie ciarpe mitologiche, il poeta riformato si farà giocosamente condannare da Apollo a non più bere l'onda Castalia, a non cingersi più la fronte d'alloro, a non più salire sul Pegaso, a non più volare, a cantar sempre in umile stile quello ch'egli sentirà e nulla più:
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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze 1879
pagine 296 |
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