Ivi il trasse la Diva. All'appressarsi,
Dell'aura sacra all'aspirar, di lietoOrror compreso in ogni vena il sangue
Sentėa l'eletto, ed una fiamma lieveLambir la fronte ed occupar l'ingegno.
Poi che nell'alto della selva il poseNon conscio passo, abbandonō l'altezza
Del solitario trono, e nel segretoAsilo Urania il prode alunno aggiunse.
Come talvolta ad uom rassembra in sognoSu lunga scala, o per dirupo, lieve
Scorrer col pič non alternato all'imo,
Nč mai grado calcar, nč offender sasso;
Tal su gli aerei gioghi sorvolando,
Discendea la Celeste.
L'immagine seguente ci ricorda un'analoga similitudine dantesca; quella che vien dopo ha pure per noi qualche importanza biografica, perchč, sotto la impressione provata dal poeta Pindaro, reso improvvisamente dubitoso delle sue forze, dopo aver fatto concepire di sč solenni speranze, sono da riconoscersi i sentimenti particolari che dovea provare il Manzoni divenuto quasi inerte, dopo le lodi forse pių ambite che sperate, onde fu coronato il Carme per l'Imbonati; ed anco questi versi, ove l'Autore trae l'espressione dal proprio modo di sentire, riescono pieni di poetica efficacia:
Come la madre al fantolin caduto,
Mentre lieto al suo pič movea tumulto,
Che guata impaurito e giā sul ciglioTurgida appar la lagrimetta, ed ella
Nel suo trepido cor contiene il grido,
E blandamente gli sorride in voltoPer ch'ei non pianga; un tal divino riso
Con questi detti a lui la Musa aperse:
A confortarti io vegno. Onde sė rattoL'anima tua č da viltade offesa?
Non senza il nume delle Muse, o figlio,
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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze 1879
pagine 296 |
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