Ma su questo argomento avremo occasione di ritornare; intanto, spogliando della loro veste classico-mitologica i versi che seguono, compiacciamoci di veder già vivo sotto di essa un Manzoni cristiano. Scrivendo nel 1805 al Monti, il giovine Manzoni gli ricordava già che le lettere non sono buone a nulla, se non servono a ringentilire i costumi; nell'Urania, le Muse devono fare qualche cosa di più, insegnarci la pietà ed il perdono delle offese, e la carità benefica e modesta:
Così dal sangue e dal ferino istintoTolser quei pochi in prima; indi lo sguardo
Di lor, che a terra ancor tenea il costumeChe del passato l'avvenir fa servo.
Levâr di nuova forza avvalorato.
E quei gli occhi giraro, e vider tuttaLa compagnia degli stranier divini,
Che alle Dive fea guerra. Ove furenteImperversar la Crudeltà solea
Orribil mostro che ferisce e ride,
Viver pietà che mollemente intornoAi cor fremendo, dei veduti mali
Dolor chiedea: Pietà, degl'infeliciSorriso, amabil Dea. Feroce e stolta
Con alta fronte passeggiar l'Offesa
Vider, gl'ingegni provocando, e miteOvunque un Genio a quella Furia opporsi,
Lo spontaneo Perdon che con la destraCancella il torto e nella manca reca
Il beneficio, e l'uno e l'altro obblia.
Per virtù delle Muse nasce nell'uomo l'amor della fatica industre, il sentimento dell'onore, della fedeltà, dell'umana ospitale fratellanza,
.... che gl'ignoti astringeDi fraterna catena; e tutta in fine
La schiera pia nell'opra affaticarsiVidero, e nuovo di pietà, d'amore
Negli attoniti sorse animi un senso,
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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze 1879
pagine 296 |
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